L'innovazione senza immaginazione
Una crisi del capitalismo o la fine dell'ennesima stagione?
Dopo tanti anni senza parlare in pubblico sento di dover condividere qualcosa di incredibile che sta per accadere. Viviamo in un paradosso: abbiamo innovazioni tecnologiche senza precedenti e una potenza di calcolo che ci permetterebbe di fare qualsiasi cosa, di innovare istituzioni e città, prendendo Milano come esempio. Tuttavia, manca la fantasia, e questo mi preoccupa.
Fortunatamente, il mondo non procede solo con decisioni razionali. Milano è solo un esempio, ma credo che l'ammirazione che nutro per il capitalismo venga dal suo potere di assorbire e capitalizzare anche i propri antagonisti. Penso al '68 e alla fantasia del potere, che il capitalismo ha assorbito e rimesso in scena.
Ma oggi c'è una parte della non-economia che il capitalismo fatica a digerire. Parlo di una società in cui ci sono sempre più persone non motivate dalla fame di affermazione o dal desiderio di successo produttivo, ma che esprimono qualcosa di diverso, una sorta di rifiuto. Questo è visto spesso come "non voler fare", ma io penso che stiamo di fronte a una crisi del capitalismo, che perde la sua presa sull’immaginazione e sul controllo del nostro lavoro.
Milano, una città con una storia di fabbriche e industrializzazione, ora ospita outsider che, pur non inserendosi nel sistema produttivo tradizionale, sono riconosciuti socialmente come portatori di valore. Questa non-economia non può essere capitalizzata in euro o dollari. Credo sia necessario introdurre una nuova forma di potere d'acquisto, con innovazioni monetarie che già esistono in varie forme.
Forse più di un reddito universale di cittadinanza, quello di cui avremmo bisogno è un’utopia universale di base. Dobbiamo permetterci di sognare, perché anche se questi luoghi di riflessione non cambieranno il mondo da soli, un po’ di utopia potrebbe fare bene a tutti.
Be’ insomma. Io vedo in giro ampie fasce di disuguaglianza sociale di cui il capitalismo non si cura proprio, anzi le approfondisce in una visione darwiniana di estrema crudeltà. Non c’è proprio nulla da ammirare in questo sistema a mio avviso, ma da destrutturare. Abbiamo bisogno di un’utopia, si’, ma che parta da condizioni di vivibilità decorosa per tutti: servizi, lavoro, famiglia. Il resto sono tutte ciance. A mio modestissimo parere.